In un caso il suo nome origina dalla forma di una sua cultivar meno nota, tale per cui il frutto assume una curiosa somiglianza con le uova, in un altro deriva invece dalla sua straordinaria capacità di prevenire… la flatulenza. Nel primo nome è da rintracciare l’origine della parola anglofono “eggplant”, mentre il secondo nome ha una provenienza molto più antica e affonda le proprie radici nelle lingue dravidiche, ovvero un gruppo di lingue nato grossomodo nel II secolo a.C.. Per quanto curioso, l’origine dravidica del nome ha percorso nel corso dei secoli migliaia e migliaia di chilometri, fino a giungere (con l’intercessione degli arabi) anche sulle sponde siciliane e conseguentemente italiane. Aldilà delle dubbie virtù che la tradizione affibbia a questa pianta, scopriremo insieme come essa possa realmente apportare un grande valore aggiunto alla nostra dieta.
“Verba volant”
L’origine delle melanzane non è stata ancora stabilita con chiarezza. Certo è, che in certe regioni dell’India, dell’Africa e del Sud asiatico esse crescono ancora spontaneamente. Non abbiamo moltissimi elementi per delineare con precisione la storia delle melanzane; non per nulla il primo resoconto che in qualche modo registri la presenza di questa pianta risale al VI secolo d.C. in Cina. Grande ruolo nella diffusione della melanzana è sicuramente da attribuire alla nascita e alla propagazione della dominazione araba. È stato infatti accertato che gli arabi sono stati coloro che ne hanno assicurato la presenza nella zona mediterranea, ma specialmente coloro che hanno importato le melanzane in alcune zone chiave come la Spagna e qualche tempo dopo l’Italia. Dobbiamo aspettare qualche secolo prima che esse facciano il loro approdo sulle isole britanniche, tanto che la loro presenza non sembra essere documentata prima del XVI secolo. Ancor più in là nel tempo ci dobbiamo invece spingere per assistere alla diffusione delle melanzane nelle Americhe. Come per moltissimi altri alimenti, oggigiorno la produzione di melanzane è dominata dai due colossi di Cina e India, con l’Egitto al terzo posto, paese che vanta una memorabile tradizione di produzione e consumo di questa pianta.
Oltre le etichette
Se ci limitassimo a consultare i poco eloquenti valori nutrizionali che troviamo come di consueto sulle etichette di ogni alimento, potremmo erroneamente pensare che in fondo le melanzane non costituiscono un considerevole quale valore aggiunto alla nostra dieta, se non per il moderato impatto calorico. In effetti le melanzane sono composte al 92% di acqua, 6% di carboidrati e quantità trascurabili di proteine e grassi. Non hanno una grande concentrazione di nutrienti essenziali, eccezion fatta per una moderata quantità di manganese, ovvero l’11% rispetto ai valori di riferimento giornalieri per un adulto medio, per 100 grammi di melanzane. La grande virtù di questa pianta risiede tuttavia in altre sue componenti. Il pigmento che le conferisce l’intenso colore viola, le antocianine, hanno accertate proprietà antiossidanti. Tali proprietà hanno la straordinaria capacità di prevenzione di malattie croniche come malattie del cuore e tumori.
Melanzane a cuor leggero
Qualunque sia il modo (dei moltissimi modi, a seconda della tradizione) in cui consumiamo melanzane, oltre che essere sollevati per la bontà infinita che una pianta come questa può regalarci, possiamo anche stare in tranquillità con noi stessi, consci del fatto che si tratta di un alimento che non ha un impatto particolarmente negativo sui vari aspetti dell’ambiente. Mettendo tra parentesi l’eventualità di un abuso di pesticidi, le coltivazioni di melanzane non hanno effetti distruttivi sulla fauna circostante. Dal punto di vista dell’impronta idrica inoltre quella della melanzana è relativamente bassa rispetto ad altri alimenti. Occorrono 362 litri d’acqua per produrre 1 chilogrammo di melanzane. Lo stesso si può dire per quanto riguarda l’impronta di carbonio, poiché essa è considerevolmente inferiore rispetto a quella di moltissimi altri alimenti. Per produrre 1 chilogrammo di melanzane occorrono circa 0,51 kg di CO2e, l’equivalente di 2 chilometri percorsi in auto.