Il 22 marzo di ogni anno, dal 1993, si celebra la Giornata mondiale dedicata all’acqua, elemento essenziale alla base di tutte le forme di vita. Infatti, l’acqua è un bene prezioso da cui dipendono la salute pubblica, l’alimentazione, l’energia, l’economia produttiva e l’integrità dell’ambiente. L’accesso all’acqua è un diritto umano. Tuttavia, non è una risorsa infinita né equamente accessibile a tutti. Ad oggi, ancora 2,2 miliardi di persone vivono in mancanza di servizi di acqua potabile gestiti in modo sicuro, il che ha impatti sociali devastanti. Inoltre, metà della popolazione globale vive in condizioni sistematiche di grave scarsità d’acqua (IPCC, 2022) e i disastri idrici, in aumento negli ultimi anni, sono la causa del 70% dei decessi legati alle catastrofi naturali (World Bank, 2023). Il World Water Day ha lo scopo di sensibilizzare le istituzioni internazionali e l’opinione pubblica a intraprendere iniziative volte ad affrontare la crisi idrica globale a cui stiamo assistendo e a contrastare i problemi legati all’acqua, relativi non solo alla sua scarsità, ma anche allo spreco, all’inquinamento e agli effetti provocati dagli impatti del cambiamento climatico, come i fenomeni meteorologici imprevedibili. Uno degli obiettivi principali della Giornata mondiale dell’acqua è sostenere il raggiungimento dell’Obiettivo di sviluppo sostenibile numero 6: acqua e servizi igienici per tutti entro il 2030.
Cosa può fare il cittadino
Sensibilizzare a un utilizzo consapevole dell’acqua è fondamentale. Gli italiani sono tra i primi consumatori di acqua ad uso domestico in Europa. In media, si consumano circa 230 litri di acqua pro-capite ogni giorno e che spesso si tratta di consumi superflui. Basterebbero piccoli accorgimenti nelle nostre azioni quotidiane per ridurre notevolmente gli sprechi di acqua, come, ad esempio, impiegare meno tempo sotto doccia, chiudere il rubinetto mentre ci si lava i denti, usare lavatrice e lavastoviglie a pieno carico, evitare di annaffiare piante e giardino nelle ore più calde del giorno e così via.
Sostenibilità idrica nel settore alimentare
L’acqua utilizzata nella produzione alimentare è di gran lunga superiore a quella utilizzata in qualunque altra attività industriale. La filiera alimentare è responsabile di circa il 65% di utilizzo di acqua dolce e, quindi, rappresenta una delle principali fonti di stress idrico. In questo settore, i consumi e gli sprechi di acqua sono talmente elevati da richiedere cambiamenti strutturali necessari per rendere il sistema più sostenibile. L’efficientamento del sistema idrico in campo agricolo e nei processi produttivi, così come l’evoluzione delle abitudini alimentari, sono alla base di iniziative di cambiamento. Per inquadrare la situazione, è possibile misurare l’impatto idrico della filiera alimentare utilizzando come riferimento l’impronta idrica (water footprint) di ciascun prodotto, ovvero l’acqua utilizzata in tutta la filiera e in tutti i passaggi produttivi, dalla coltivazione al consumo. Ad esempio, si stima che per produrre un chilo di carne di manzo bovino vengano utilizzati 15.000 litri di acqua, mentre per un chilo di cereali mediamente ne servono 1.000. Conoscere l’impronta idrica di ciò che consumiamo apre un’importante riflessione sulle scelte alimentari e di consumo di ciascun cittadino e sulla necessità di porre una maggiore attenzione alla gestione delle risorse.