Mais a tutto tondo

Fuochi d’artificio, colla, pastelli, carburanti, vernici e detersivi per bucato. No, non stiamo dando i numeri; queste sono alcune delle cose che una pianta riesce da sola a fornirci. Ha sfamato per millenni un continente intero e da qualche secolo tutto il globo. Da che se ne è scoperta la strabiliante versatilità essa ha messo lo zampino in pressoché ogni ambito dell’agire umano. Stiamo parlando del mais, pianta che aldilà di quanto detto, è oltretutto componente principale delle cucine tipiche e delle diete di moltissimi paesi, dalla Mesoamerica all’estremo Oriente, passando inevitabilmente per l’Europa e specialmente la nostra cara Italia.

Mais e storia

Innumerevoli studi sono stati condotti per tracciare la vita di questa antichissima pianta e la ricerca sembra convergere sul fatto che essa sia stata addomesticata dalle popolazioni indigene in Messico centrale in tempi preistorici circa 10.000 anni fa. Cosa ancor più notevole del mais, aldilà della sua veneranda età, è lo straordinario processo di selezione artificiale che ha portato dalle sue forme primigenie, dalle caratteristiche più modeste, specie in termini di dimensioni, fino alla pianta moderna, dalla resa e dalle proprietà estremamente più valide. Come è noto, soltanto con la prima colonizzazione il mais fa il suo approdo sulle coste Europee, con l’intercessione di niente meno che Cristoforo Colombo. L’apprezzabile rendimento del mais spinse presto i proprietari ad imporne la coltivazione nelle proprie terre. Fu così che l’alimentazione dei contadini di certe parti d’Europa fece sempre più spazio al mais, tanto da farne l’alimento principale di molti. Purtroppo, basare quasi interamente la dieta dei contadini su questa pianta ebbe conseguenze tragiche per la popolazione. La carenza di niacina assimilabile è infatti la causa delle esplosioni di pellagra che hanno afflitto il continente europeo (caso rilevantissimo proprio quello dell’Italia settentrionale) fin dal XVIII secolo. Qualcuno a questo punto si chiederà inevitabilmente come sia possibile che nel continente d’origine di questa pianta non si siano verificati casi di pellagra egualmente rilevanti. La risposta sta nel fatto che, nell’entrare in contatto con tale interessante coltura, Cristoforo Colombo o chi lo aveva diffuso in Europa aveva completamente ignorato il processo di nixtamalizzazione che era in uso nel paese di origine. Questo consiste nella bollitura del mais in una soluzione alcalina, che aumenta considerevolmente la biodisponibilità della niacina, prevenendo così la pellagra.

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Mais e salute

Fortunatamente per noi, godiamo (si spera) di una dieta sufficientemente varia, ma anche se per assurdo ci nutrissimo soltanto di mais, non correremmo comunque il rischio di contrarre la pellagra come un contadino europeo del 700’, dal momento che i processi di nixtamalizzazione si sono ormai diffusi aldilà dei confini americani. Fatta questa premessa, indirizzata ai lettori più ipocondriaci, possiamo procedere a una generale disamina dei valori nutrizionali di questa pianta. Essa è senz’altro una buona fonte di vitamine (qualora sufficientemente biodisponibili) e una fonte moderata di alcuni minerali come fosforo e manganese, oltre che di fibre. Purtroppo il mais non costituisce una grande fonte di proteine, specie per la sua carenza di due amminoacidi fondamentali, ovvero lisina e triptofano. Altro fatto nutrizionale interessante è che il consumo di mais fornisce rilevanti quantità di luteina e zeaxantina, due carotenoidi che secondo la ricerca scientifica costituiscono un importante alleato della salute della vista. Esse sarebbero infatti in grado di prevenire problemi quali cataratta e degenerazione maculare.

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Mais e ambiente

Come già anticipato, il mais è stato utilizzato in tutte le salse, culinarie e non. Aldilà di produzioni specifiche, è sicuramente necessario citare il fatto che esso è utilizzato anche per la produzione di bioetanolo a fini energetici. Questo è importante anche perché il tema dei biocarburanti ha generato un enorme dibattito intorno alla loro efficienza. I dati sull’effettiva resa energetica e sull’eventuale riduzione delle emissioni di anidride carbonica sono contrastanti mentre la coltivazione delle materie prime necessarie a produrli, in generale, è accusata di essere inquinante. La produzione di biodiesel è molto dispendiosa anche dal punto di vista idrico. Per produrre un litro di biodiesel servono infatti 4000 litri di acqua per l’irrigazione delle colture e durante il processo chimico di trasformazione. Oltretutto, i biocarburanti sono accusati di ridurre la disponibilità di derrate alimentari. Spostando l’attenzione sulla produzione di mais in quanto tale, a fini alimentari, possiamo dire che la sua impronta idrica media globale è di 1220 litri/kg., la quale varia da paese a paese. Nel periodo 1996-2005, la produzione globale di mais ha contribuito per il 10% all’impronta idrica totale della produzione vegetale nel mondo. Questo basti a notare che il mais ha sicuramente un impatto importante sulle risorse idriche in generale.

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